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- Posted: 14 Marzo 2019
- Category: Ciak! Adolescenza
Una volta nella vita
Titolo originale: Les héritiers. 2014. Regia di Marie-Castille Mention-Schaar.
Durante gli anni di scuola dei miei figli mi sono chiesta spesso perché esistano insegnanti che il primo giorno di scuola entrano in una classe sconosciuta e quando, alla fine dell’ora, ne escono, sono già riusciti a farsi odiare, o nel migliore dei casi a terrorizzare gli studenti. Probabilmente è un modo di “mettere le mani avanti” per evitare che la situazione sfugga loro di mano, ma, innegabilmente, questo atteggiamento pone le basi per una relazione che ben difficilmente potrà funzionare.
Ci sono invece insegnanti che al primo approccio con una classe riescono a farsi rispettare senza urlare, a trasmettere autorevolezza senza atteggiamenti autoritari. Come la professoressa Gueguen del film “Una volta nella vita”, che racconta una storia vera. Insegna storia ed arte in un liceo della banlieu parigina, e si trova ad avere a che fare con una classe disperante, composta da ragazzi arroganti perché insicuri, crogiuolo di etnie e religioni. I suoi colleghi non riescono a gestire la situazione. Lei non è accomodante, anzi è rigida nel pretendere il rispetto delle regole, ma ha nello sguardo l’affetto e la com-passione per questi ragazzi. Non sono ragazzi particolarmente disagiati, ma si trovano a vivere in una realtà che non li aiuta a volare alto, anzi che li ha già abituati a non aspettarsi nulla, a sentirsi degli sfigati. La professoressa intuisce in loro qualcosa di diverso e di più profondo, vuole scuotere la loro apatia, vincere il loro disinteresse. Ripone in loro più fiducia di quanto non facciano essi stessi, e non senza fatica li convince a partecipare ad un concorso sulla figura dei bambini e degli adolescenti all’interno dei campi di concentramento nazisti. Loro ne sanno poco o nulla, inizialmente pensano che sia sufficiente scopiazzare qualcosa da Wikipedia, ma, poco alla volta, grazie alla capacità dell’insegnante di solleticarne la curiosità, lo spirito critico ed anche un po’ l’orgoglio (quasi li “minaccia” di proporre il progetto, se loro rifiuteranno, alla classe migliore dell’Istituto…) si appassionano.
Il momento cruciale del film è la testimonianza di un sopravvissuto (interpretato dal vero protagonista) che rivive con e per loro la sua terribile esperienza e la dona con semplicità e tenerezza, ma anche con forza inesausta.
Ognuno degli studenti, quasi per caso, finisce per scoprire tra coloro che hanno vissuto l’esperienza dei lager il personaggio che gli somiglia, che sente che parla proprio a lui, da Simone Weil ad Anna Frank, a Leon Blum (non a caso a lui è intitolato il Liceo di Creteil in cui si svolge la vicenda). Produrranno così un lavoro originale e profondo. L’incontro con la Shoah cambierà per sempre il loro percorso scolastico e di vita, a dimostrazione che se almeno “una volta nella vita” incontriamo qualcuno che creda in noi, che ci aiuti a guardare in alto, è la svolta.
Non vi dico come si conclude il concorso… ma preparate i fazzoletti.
Roberta